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I migranti della nave Diciotti, il ministro sequestratore e la civiltà giuridica perduta

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I MIGRANTI DELLA NAVE DICIOTTI, IL MINISTRO SEQUESTRATORE E LA CIVILTÀ GIURIDICA PERDUTA.

Sul caso della nave Diciotti e sulla condotta del Ministro Salvini che ha sequestrato i profughi trattenendoli sulla nave per molti giorni ed ha ricattato gli altri Stati subordinando la liberazione degli ostaggi ad un preventivo assenso a farli trasferire presso di loro, si è già detto molto. Ed in particolare il provvedimento del Tribunale di Ministri di Catania, Sezione Reati Ministeriali, del 7.12 2018 depositato il 22. 1 2019, ha spiegato per filo e per segno perché la condotta del Ministro viene a configurare il reato di sequestro di persona pluriaggravato (art. 605, comma 1, 2 n. 2 e 3 c.p.), segnatamente «……per avere, nella sua qualità di Ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania a bordo dell’unità navale di soccorso U. Diciotti della Guardia Costiera Italiana alle 23:49 del 20 agosto 2018 […]. Fatto aggravato dall’essere stato commesso da un pubblico ufficiale e con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età».

Non resta pertanto che proporre alcune brevi considerazioni in termini di diritto su quanto è successo rimandando chi volesse approfondire il tema alla corposa e persuasiva motivazione del provvedimento giudiziario citato.

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In primo luogo va detto che la differenza tra Stato Assoluto e Stato di Diritto sta nel fatto che nel primo il Principe può fare ciò che vuole, non ha limitazioni al suo potere, può concedere graziosamente diritti, sospenderli o revocarli in qualsiasi momento senza alcuna motivazione, può raggiungere i suoi scopi con qualsiasi mezzo anche illecito perché non esistono norme a lui sovraordinate che lo possono limitare. Il suo potere infatti è “assoluto”. – “Quod principi placuit, legis habet vigorem”  – “l’état c’est moi

Nello Stato di Diritto, invece, i diritti e le libertà degli individui esistono già prima dello Stato tanto è vero che questi non li concede ma li riconosce come già esistenti. Il potere dei governanti e dello stesso legislatore non è assoluto ma è limitato da norme costituzionali sovraordinate ed inderogabili che riconoscono una volta per tutte i diritti dell’uomo senza possibilità di revoca o sospensione se non nei casi eccezionalissimi dallo stesso ordinamento previsti.

Ne consegue, nel caso della Diciotti, che quando il Ministro si giustifica affermando che ha agito nell’interesse dello Stato dice una grossa corbelleria perché lo Stato di Diritto, salvo a contraddire se stesso, non ammette che il suo interesse possa essere perseguito con mezzi contrari al diritto (atti illeciti quali sequestro di persona, abuso di potere ed estorsione).

Nello Stato Assoluto, come è noto, si ammette che il fine giustifichi i mezzi. Nello Stato di Diritto, invece, il fine deve essere lecito e può essere perseguito solo con mezzi leciti. Ciò non è successo nel caso della nave Diciotti perché il fine, pur lecito, di distribuire i migranti tra più Stati, è stato perseguito col mezzo illecito del loro sequestro su una nave abusando del potere conferito dalla legge in ragione della carica di Ministro e così tentando di estorcere l’assenso degli altri Stati alla loro distribuzione.

Nello Stato di diritto, dunque, non basta che il fine sia lecito ma occorre che anche i mezzi siano leciti e di questo il nostro ministro, con il governo che si è dichiarato corresponsabile o, meglio, correo, non si è reso conto o, peggio, se ne è disinvoltamente infischiato.

Stando così le cose va da sé che perseguire finalità pubbliche in uno Stato di Diritto è molto più difficile che nello Stato Assoluto essendo il potere limitato dai princìpi costituzionali di cui si è detto. Ma è proprio qui che si vedono la capacità e la qualità democratica dei Governanti i quali giustamente non sono liberi nel loro agire ma tenuti al rispetto dei diritti e delle regole.

Quanto alla tesi della non procedibilità sostenuta dalla Procura della Repubblica di Catania perché la condotta del Ministro si configura come “atto politico” e quindi insindacabile dalla Giurisdizione, è agevole ribattere, richiamando gli argomenti fin qui esposti, che anche l’atto politico non è insindacabile né libero non potendo violare in nessun caso diritti fondamentali della persona tra i quali spicca il diritto pieno dei migranti di sbarcare, una volta salvati, nel primo porto sicuro.

Ciò che fin qui è stato detto vale anche per obbiettare a quanto in questi giorni affermato dalla maggioranza della  Commissione Parlamentare secondo cui sarebbe stato preminente, nell’azione del ministro, l’interesse pubblico. Con tale giustificazione si nega l’autorizzazione a procedere ed il ministro sfugge alla Giurisdizione Penale. Invero, come già detto, nello Stato di diritto l’interesse pubblico non si può perseguire commettendo reati. Bisognava seguire altre strade ben più difficili ed incerte ma il Ministro ha scelto la scorciatoia dell’atto illecito e della violazione di diritti fondamentali.

In conclusione: col caso Diciotti siamo tornati indietro di qualche secolo rispetto alla civiltà giuridica negli anni faticosamente conquistata. La cosa è ancor più grave per l’Italia considerata culla del diritto. Il danno subito dai migranti non è poca cosa. Altrettanto il danno all’immagine del nostro Paese affidato alle cure di persone che non conoscono i minimi della civiltà giuridica. Ci sono gli estremi del risarcimento danni agli uni e all’altro. Ma su questo torneremo più avanti.

Avv. Ernesto Mancini – Foro di Verona

Addì 22 febbraio 2019

 

Pubblicato il: 22 Febbraio 2019

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