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Appalto per l’Ilva di Taranto: quando il nuovo ministro pontifica sulle scelte del predecessore.

Chi ha qualche esperienza in materia di appalti pubblici di una certa dimensione sa bene che ci sono alcuni momenti della procedura in cui l’Amministrazione deve prendere delle decisioni  che possono essere discutibili sotto il profilo della legittimità ma che,  tuttavia,  sono necessarie ed inevitabili per portare avanti la gara al fine di realizzare quel pubblico interesse nel quale consiste l’esecuzione dell’appalto (realizzare una nuova opera pubblica, garantire un certo servizio o una certa fornitura).

Quando finalmente l’appalto giunge in porto e si realizza così il pubblico interesse, può anche capitare che chi viene dopo rispetto al responsabile del procedimento cominci a pontificare che si poteva fare in modo diverso, che ci sono state delle irregolarità, che la tale decisione doveva essere presa in modo opposto ovvero, ancora,  che ciò che è stato fatto è tutto da rifare.

Tutto ciò è successo in questi giorni a proposito dell’Ilva di Taranto laddove il nuovo ministro pentastellato Di Maio spara a zero sul precedente ministro Calenda a proposito del contratto con la ArcelorMittal aggiudicataria della procedura per l’acquisizione dell’importante centro siderurgico tarantino.

Facendosi forte di un parere dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) richiesto a seguito di una denuncia del Governatore Emiliano notoriamente in lite con Calenda, il neoministro ha scagliato tuoni e fulmini contro Calenda   cercando di screditare la sua opera di predecessore, accusandolo di violazione del principio di concorrenza e di avere fatto di quella gara un “gran pasticcio”. Ha inoltre minacciato indagini interne al ministero, come se fossero stati commessi reati per accertare i fatti, e si è riservato ogni decisione per la gara.

L’ex ministro Calenda ha risposto per le rime e, a mio avviso, con argomentazioni molto fondate  difendendo la legittimità dei propri atti e sfidando il successore ad annullare la gara – ammesso e non concesso  che questi trovi  i presupposti per l’annullamento –  ma tenendo conto dei disastrosi effetti che un simile annullamento potrebbe avere quando si è a pochi metri dal traguardo tanto faticosamente raggiunto: ulteriori tempi morti per la nuova gara quando l’urgenza non lo consente, possibile contenzioso di danno da parte dell’aggiudicataria , incertezza delle nuove prospettive, pregiudizio per i circa 20mila posti di lavoro, ulteriori iperfinanziamenti  pubblici per sostenere l’attuale Ilva e i suoi lavoratori, ecc. ecc..

L’accusa principale del nuovo Ministro è che la gara si sarebbe dovuta riaprire allorché si è stabilito che i tempi per il risanamento ambientale sarebbero stati più lunghi rispetto a quanto previsto dal bando. Si sostiene che se tale modificazione pattizia fosse stata conosciuta prima,  con ogni probabilità vi sarebbero stati più concorrenti rispetto ai due della procedura allora in corso.

Una soluzione del genere è solo teorica e per nulla obbligata. Infatti se la modifica di una delle condizioni di gara interviene a procedimento inoltrato ed in presenza comunque di due offerte realmente concorrenti e agguerrite come nel caso di specie,  nessun pregiudizio subisce l’interesse pubblico dalla mancata riapertura della gara. Al riguardo va anche detto che  il mercato non dava segni di possibili nuovi concorrenti, non erano opportuni ulteriori indugi rispetto alla necessità di concludere e ciò per evitare nuovi costosissimi finanziamenti pubblici a tempo sostanziosamente indeterminato. Inoltre , la par condicio fra le due concorrenti veniva comunque garantita, il territorio tarantino aveva ed ha bisogno di interventi urgenti e non più procrastinabili.

L’amministrazione del tempo ha dunque assunto una decisione discrezionale del tutto legittima e direi necessitata dalla situazione effettiva dell’appalto e del contesto in cui si svolgeva il procedimento. E’ andata avanti ed ha fatto benissimo.

Ora questa decisione viene criticata sostenendo che si doveva fare diversamente.  Si pontifica al riguardo ed è un gioco molto facile da parte di chi non sa quanto è rischioso condurre una procedura d’appalto di certe dimensioni le cui dinamiche presentano sempre un margine di rischio per chi le conduce. Il nuovo Ministro prima di parlare, o come in questo caso, di minacciare, ci pensi bene e non si faccia indurre da interessi di bassa politica, dalla demagogia o, ancora peggio, dal rancore. C’è di mezzo il pubblico interesse che è cosa seria.

Avv. Ernesto Mancini – Foro di Verona – 21 luglio 2018

 

 

Pubblicato il: 21 Luglio 2018

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